C’è un luogo a Bamako che somiglia in modo impressionante ad un girone infernale dantesco. È uno dei luoghi più scabrosi del Mali che, più di ogni altro, rappresenta la difficoltà di vivere ma che, contemporaneamente, esprime anche la tenacia di uomini e donne di un paese dove tutto è dura fatica.
Li ho chiamati gli “scavatori del Niger”.
Ma chi sono costoro?
Li ho conosciuti a Kalaban-Coro, un quartiere di Bamako lungo le rive del Niger dove si radunano pinasse e barconi carichi della sabbia raccolta a mani nude dagli uomini nel letto del fiume.
Basta seguire le lunghe di file di camion ai lati della strada per ritrovarsi all’improvviso in un luogo che sembra fuori del tempo, un luogo inimmaginabile, dove uomini e donne, come formiche instancabili, lavorano senza sosta.
Qui, un catino alla volta in bilico sulla testa, camminando di fretta sulle passerelle che uniscono le barche alla riva, le donne scaricano la sabbia formando grossi mucchi.
Qui gli uomini, a forza di muscoli, la trasferiscono sui camion con il solo uso di pale. Niente macchinari, tutto a forza di braccia e mani. Qua e là sventolano le bandiere delle imprese che permettono ai barconi ed agli autisti di individuare il loro luogo di raccolta.
Uno spettacolo affascinante, di una forte carica emotiva, dal quale ho fatto fatica ad allontanarmi. Immagini forti che dagli occhi scendono direttamente al cuore dove scavano ferite profonde.
Perché tutto questo?
Ho potuto vedere con i miei occhi come a Bamako, la capitale, sia in atto un boom immobiliare: le nuove costruzioni hanno causato un aumento della domanda di mattoni fatti con sabbia di alta qualità scavata a mano nel letto del fiume Niger. Gli “scavatori” percorrono con le loro leggere imbarcazioni anche più di 100 chilometri dalla capitale per raggiungere un sito di estrazione. Una volta lì, si tuffano nel letto del fiume, a volte fino a una profondità di tre metri, riempiendo i secchi a mano.
Quando la barca è carica (questo significa che il bordo sfiora il pelo dell’acqua!) si torna a Kalaban-Coro dove le donne attendono con i loro secchi o i loro catini per scaricare la sabbia sulla riva. Ne ho vista qualcuna scavare sabbia sul bagnasciuga con piccoli contenitori per formare il suo personale mucchietto che, forse, riuscirà a vendere per pochi franchi.
Una specie di miniera dove non si cerca oro ma sabbia e che, come tutte le miniere, ha i suoi lati pericolosi, a cominciare dalle correnti insidiose o le tempeste improvvise che possono mettere a repentaglio le fragili imbarcazioni.
Il lavoro è non solo arduo e rischioso ma anche mal pagato.
Dieci tonnellate di sabbia (a tanto può arrivare il massimo carico di una barca) viene venduto a circa 80 euro mentre gli uomini possono guadagnare da 14 a 20 euro per tre giorni di lavoro.
Le donne che scaricano la sabbia, come tante formichine infaticabili, non guadagnano più di un euro e mezzo al giorno. Tanto è necessario per sopravvivere.
L'industria è illegale e il numero di persone è sconosciuto, ma ad occhio e croce sembrano essere migliaia.
Bamako è una delle capitali africane con la crescita urbana più veloce (sembra cresca il 5,5% in più ogni anno) e la domanda di mattoni è alta. Allora l’industrioso popolo maliano si è inventato un nuovo modo per guadagnare qualche soldo.
È così che, sulle rive del Niger, a Kalaban-Coro, è sorto tutto un piccolo mondo economico indotto, per soddisfare le necessità di chi ci lavora: mangiare, dormire, vestirsi. I bambini giocano sui mucchi di sabbia che dovranno essere caricati sui camion, le donne, quelle che non sono addette allo scarico, cucinano sotto le tettoie di rami, ci sono i barbieri, c’è chi fa avanti e indietro portando in bilico sulla testa merce da vendere (acqua, frutta…occhiali), i falegnami costruiscono i barconi con le tavole di legno: tutto ad occhio, tutto a mano senza macchinari (del resto non ci sarebbe neppure l’elettricità per farli funzionare!). Un nuovo villaggio come i tanti che sorgono intorno alle miniere d’oro, dove ciò che spinge ad andare avanti è la speranza. Ogni tanto una donna si ferma per allattare il suo piccolo che, poi, lascerà in custodia ai più grandicelli.
Lì, sui mucchi di sabbia, dove si vive e si gioca.
Un luogo dove le emozioni sono forti, un luogo che ci racconta e ci fa toccare con mano la difficile vita del Mali, questo splendido paese dove l’unica ricchezza nelle mani degli abitanti è costituita dalle tradizioni.
Ma ancora per quanto?
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